Tunic

Io e questa misera volpina non ci eravamo piaciuti all’uscita, non abbastanza. Ho dovuto far sbollire la delusione per un prodotto così diverso dalle mie aspettative, ho dovuto far montare il dispiacere di non aver partecipato alla festa, ma alla fine ci siamo ritrovati. O quasi.

Tunic è un gioco brillante, sorprendente e pure originale, lo capisci subito, lo avevo capito anche due anni fa. Il modo in cui ti nasconde le sue informazioni vitali, il modo in cui si mette in mostra, il modo in cui ti svela la mappa, tutto concorre nella composizione di un puzzle che a volte nemmeno riesci a vedere da lontano. Si lascia annusare, magari solo per i più svegli, ma c’è sempre uno strato ulteriore sotto quello che hai appena scoperto a fatica. Il suo genio non si può mettere in discussione.

Eppure può anche respingerti. Figlio della riscoperta moderna del videogioco che intralcia il giocatore, a volte non ti accoglie a braccia aperte. I suoi segreti sono una lotta continua contro la visuale, qualche scontro è più difficile della media e persino le informazioni di base, quelle importanti, sono lasciate alle intuizioni di chi gioca. Tutto a disposizione, certo, ma ha senso punire quelli che (e non sto mica parlando di me eh) non ce la fanno proprio?

Ho visto il finale giusto di Tunic, perché mi conveniva e perché volevo sapere di cosa parlassero tutti, avrei visto i titoli di coda senza nemmeno immaginare cosa ci fosse in profondità. E c’era l’universo ed è stato incredibile ed ero a bocca aperta, ve lo giuro. Chissà quanti ci sono riusciti da soli, chissà quanti se la raccontano in giro avendo spulciato come me nel sacro potere di internet, chissà se ne vale comunque la pena.

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